CORRIERE DELLA SERA
3 FEBBRAIO 2024
27
CORRIERE DELLA SERA
Ponti o Fornasetti. Il mio ufficio è come un atelier
Bombassei, pezzi d’autore tra arte e design «E a Venezia porto Vezzoli al museo Correr»
Il contrasto è spiazzante: la boiserie-libreria trompe l’oeil di Fornasetti e un’installazione che ricorda le sedute di sorveglianza delle spiagge. Ambivalenza di uno studio che tale non sembra se non fosse per l’ambiente adiacente, il più ampio, dove, tra le opere d’arte contemporanea, sono ambientate alcune postazioni di lavoro. Manifesto della doppia (o tripla?) anima di Luca Bombassei: architetto, collezionista e, tassello finale, presidente di Venice International Foundation, attiva nei progetti di mecenatismo a Venezia. Che quest’anno per la prima volta grazie a lui debutta nell’arte contemporanea. «Il prossimo aprile, in concomitanza con la Biennale Arte, sosterremo un’importante personale di Francesco Vezzoli al Museo Correr. L’idea è creare un dia- logo tra il contemporaneo e l’antico, tra un artista coraggioso come lui e l’allestimento delle Quadrerie che Carlo Scarpa creò per i fondi oro più belli della città», racconta orgoglioso. «Portare un artista con una mostra di richiamo in uno spazio storico significa aprirlo a un pubblico nuovo e, quando serve, riqualificarlo. Mettendo sotto i riflettori entrambi e creando un volano per i progetti futuri». Un’attività, questa, che per Bombassei non nasce per caso, né per il legame atavico della sua fami- glia con Venezia, ma da stratificazioni personali che nel tempo hanno unito antico e moderno, e le sue passioni equamente ripartite tra arte, design e architettura. Di cui questo studio in un palazzo del centro di Milano è il mani- festo. «In origine era la mia ca- sa. Poi, quando ho trasformato lo studio in una sorta di atelier, l’ho portato qui. La svolta è stata due anni fa, scoprendo che sarebbero andati all’asta boiserie e arredi della Casa di Fantasia, progetto del 1951 di Gio Ponti per un’abitazione milanese a cui collaborarono diversi artisti, tra cui Fornasetti. Non ho saputo resistere e me li sono aggiudicati».
I due ambienti, uno con il trompe l’oeil-libreria, e un’altrettanto scenografica stanza rivestita in radica (oggi suo ufficio personale) sono stati rimontati così com’erano: «É stato fortunoso avere dimensioni e altezza uguali», racconta con modestia, omettendo di dire che è sua la perfetta integrazione di tutti i moduli e dei mobili senza snaturarli. Le lampade, le maniglie, i detta- gli in ottone: ogni elemento è rimasto intatto. Acquisendo un nuovo volto grazie ai pezzi d’arte dalla forte personalità: «Acquistati d’istinto. Che cambio e sposto in base allo stato d’animo del momento».
Una passione nata, forse, come reazione al gusto familiare da buona borghesia per mobili e quadri antichi. «La stessa che mi ha portato ad abbandonare la facoltà di economia, a cui mio padre mi aveva indirizzato, a favore di architettura», rievoca. Quel papà importante, Alberto Bombassei, fondatore della Brembo, che oggi Luca affianca in qualità di responsabile dell’architettura: «Eppure sia lui sia mio nonno dipingevano, e mio padre ha una mano bellissima, più della mia. Che a quei tempi non poté coltivare». Una passione creativa ritrovata nella maturità, oggi condivisa assieme a quella per Venezia: «Sono le nostre origini, lì abbiamo casa da sempre. Ero già nel board di Venice Foundation quando Franca Coin ha lascia- to la presidenza, e sono stato entusiasta di prenderne il po- sto: mi permette di vedere le opere d’arte “dietro le quinte”, scoprire a volte tesori che giacciono nascosti, finanziando le tecnologie più avanzate per restaurarli».
Il lavoro è tanto e Bombassei si divide tra Milano, lo studio nel Kilometro Rosso a Bergamo e l’attività a Venezia, alimentando uno scambio fitto di stimoli e relazioni: «Da architetto amo ogni forma di creatività e mi piace scoprire artisti emergenti, ma ho rivalutato anche l’antico. Ho amici collezionisti che sono diventati clienti. E Venezia, con la Fondazione, è il luogo dove tutto si sublima». Per ritornare a Milano, in un andamento continuo. Sotto lo sguardo (di sicuro compiaciuto) di Gio Ponti e Piero Fornasetti.
Testo di Silvia Nani per Corriere della Sera
studio